mercoledì 12 maggio 2010

CRISTIANESIMO E VITA

Il sabato sera, alla Messa vespertina, nella mia parrocchia abbiamo spesso la fortuna di assistere alla celebrazione di battesimi. Don Tonio, il parroco, ha detto che questi bambini "entrano in chiesa pagani e, dopo il battesimo, escono da cristiani". Ha ragione, ed io aggiungerei un'altra immagine: "entrano morti, a causa del peccato originale, che impedisce all'uomo di essere amico di Dio, ed escono vivi, grazie al dono dello Spirito". E noi, cari amici, come siamo? ci ricordiamo del nostro battesimo? come viviamo il nostro essere cristiani? Il rischio spesso per noi tutti è di proclamarci cristiani, i quali però vivono come pagani, come se fossero impermeabili alla logica del Vangelo, alla logica delle beatitudini, all'amore incondizionato che ci chiede il Signore verso di Lui e verso i nostri fratelli. C'è un passo bello e terribile nell'Apocalisse, dove il Signore ci dice che, se siamo tiepidi, ci vomiterà (proprio così, fratelli e sorelle!). Qual è la temperatura della nostra vita spirituale? Abbiamo un cuore che sia pieno d'amore per Dio? gli siamo grati per il dono della vita e per la Provvidenza che non ci abbandona in questa "valle di lacrime" solcata dal nostro peccato di ribellione? Vorrei sottoporvi alcuni punti affinché anche voi vi uniate all'esame di coscienza che io per primo faccio, dico a voi queste cose perché sono le domande che per primo pongo alla mia anima. Il primo punto è quello dell'ascolto: perché ci sia comunicazione e amicizia tra noi e Dio occorre ascoltare, prestare ascolto e, in ultima analisi, obbedienza filiale (di chi fa per amore, sposandola, la volontà di Dio). E' il grande tema dell'accoglienza, identificazione della Parola di Dio (come ha fatto Maria, col suo sì e con la concezione del Verbo nel suo grembo verginale). Com'è la nostra preghiera? Preghiamo insistentemente, accettando che si compia la volontà di Dio? Oppure ci scoraggiamo se le nostre richieste non vengono immediatamente esaudite? Lodiamo e ringraziamo il Signore, oppure ci ricordiamo di Lui solo nel momento del bisogno? Abbiamo fede soprannaturale? Sappiamo che solo Dio è la nostra salvezza e "solo di Lui ha sete l'anima nostra", per dirla col salmista? Amiamo Dio, che ha tanto amato il mondo da sacrificare il Suo Figlio unigenito, con tutto il cuore e con tutta l'anima? San Benedetto diceva: "Niente anteporre all'amore di Cristo". Occorre, amici, che sappiamo rinunciare a noi stessi, ai nostri egoismi per seguire Cristo, ricordando che "chi vorrà salvare la propria vita (chiudendosi in sè stesso e nel suo egoismo), la perderà". Siamo consci, come cristiani della bellezza della nostra comune vocazione alla santità? Siamo consci della dignità di figli di Dio, fatti a Sua immagine e somiglianza? Cristo è veramente il centro della nostra vita? Cristo è il nostro respiro? Abbiamo veramente incontrato Cristo nella nostra vita? Impariamo a non dare niente per scontato, quando ci poniamo queste domande. Quali sono i nostri rapporti con Gesù? Lo consideriamo un'astrazione, un mito, o una realtà, una persona con cui confrontarci quotidianamente? Certo la fede è essenziale, ma siamo tutti chiamati a compiere le buone opere. Occorre eliminare ciò che non è in sintesi con la sequela, tutto ciò che impedisce di seguire Cristo, rinunziando a noi stessi, svuotandoci di noi stessi e riempiendoci di Lui (più diminuisce in noi il nostro "io", più cresce in noi Cristo, come diceva a Montecassino il padre Giuseppe Roberti, durante gli esercizi spirituali). In questo imitiamo il pane e il vino, umili creature che perdono la loro caratteristica sostanziale lasciando spazio al Corpo e al Sangue di Cristo. Lasciamoci amare a afferrare da Cristo, per dire, come San Paolo: "non sono io che vivo, ma è Cristo che vive in me". Le aspirazioni della società oggi (edonismo, relativismo, desiderio di apparire) rischiano di inquinare la nostra coscienza, la nostra vita spirituale. Antidoto a ciò è farci estranei non al mondo ma alla mentalità del mondo, cui dobbiamo contrapporre, come dicevo, evitando il conformismo, le beatitudini evangeliche. Riponiamo la nostra fiducia in Cristo, vigilando ogni momento gli atti della nostra vita (sentimenti, parole e azioni). Ai nostri giovani, alle coppie dei fidanzati, cui auguro di diventare dei bravi sposi cristiani, cooperatori dell'opera di salvezza di Dio, vorrei suggerire una sfida affascinante: amare la castità, come scelta di amore a Cristo, cui consegnamo tutto il nostro cuore, la nostra capacità di amare e di essere amati, andando alla sorgente dell'amore che è il cuore di Cristo. Vivere la castità non è un atto di ascesi, sebbene comporti una lotta, ma è un atto d'amore. A tutti noi, consapevoli dei nostri limiti e della nostra condizione di peccatori, dico: non disperiamo mai della misericordia di Dio, il quale non può non amarci: "gli siamo costati troppo, avendo sacrificato per noi il Suo Figlio diletto", come calorosamente ricordava il buon padre Roberti. E dopo tante domande un'esortazione finale, in questo mese di maggio, dedicato alla Madonna: imitiamo Maria e ripariamoci sotto il Suo vigile manto.

Raimondo

venerdì 19 febbraio 2010

Chiesa santa o peccatrice?

Uno degli slogans più diffusi oggi è “Cristo sì, Chiesa no!”, come se si possa avere un rapporto con Gesù, una vera amicizia con Lui rinunciando alla Chiesa che Lui stesso ha fondato e che si fa sacramento dell’incontro con Dio, della Sua grazia e del Suo amore per noi.
Chi si stacca dalla Chiesa è come un fiore raccolto in un campo e portato via: destinato ad appassire velocemente.
Molti accusano la Chiesa a causa dei peccati di alcuni chierici.
C’è in questa posizione un duplice errore: da una parte si pensa di poter scagliare una pietra, come se chi critica sia immune da peccati e manchevolezze; in secondo luogo, ci si dimentica che la santità della Chiesa deriva dal suo essere Corpo Mistico di Cristo, e resta per conseguenza immacolata nonostante i peccati dei suoi figli, laici o chierici che siano.
Mi è stata riferita una bella espressione del grande arcivescovo di Cagliari Mons. Giovanni Canestri, il quale, a chi parlava di “Chiesa peccatrice”, diceva: “Se la Chiesa fosse davvero peccatrice, dovresti essere contento e ringraziare, perché altrimenti per te non ci sarebbe spazio”.
Se la condizione per far parte della Santa Chiesa fosse quella dell’immunità da cadute di qualsiasi genere, non ci sarebbe spazio per nessuno di noi.
Dio non aspetta che siamo santi per amarci, ma ci ama nonostante la nostra condizione di peccato, a causa della quale, con un supplemento d’amore, per farci riottenere l’amicizia con Lui, ha mandato il Suo unico Figlio, che ha preso carne ed è venuto a dimorare visibilmente tra noi e, invisibilmente, nei nostri cuori.
Egli sta alla porta del nostro cuore e bussa attendendo, come un mendicante d’amore, che noi gli rispondiamo, come dice l’Apocalisse di S. Giovanni.
Allora prendiamo atto, con un bell’esame di coscienza, di tutto il male che abbiamo commesso e della nostra condizione di peccatori e chiediamo perdono, lasciandoci guarire dal Suo amore, dalla Sua infinita misericordia.
Solo così ci renderemo conto della sublime grandezza della Sua Chiesa, del profumo dolcissimo che effonde; la Chiesa, di cui ci onoriamo di far parte, è talmente bella da non lasciarsi abbruttire neanche dai nostri peccati.

Raimondo Mameli

mercoledì 25 novembre 2009

Introibo ad altare Dei / Fede & Cultura - Video presentazione Marche

Elvis Cuneo, Daniele Di Sorco, Raimondo Mameli

Introibo ad altare Dei

prefazione Card. Dario Catrillon Hoyos

Fede & Cultura 2009

sabato 14 marzo 2009

Parlano di noi su "Il Foglio" del 12 marzo

Sono in tanti a sperare che il motu proprio sia definitivamente morto, e sono in molti, nel mondo ecclesiastico, a darsi a da fare perchè ciò avvenga. Strano, perché una semplice analisi della realtà svelerebbe quello che nella mia esperienza educativa trovo evidente: non è solo il mondo ad aver perso Cristo, ma, come ebbe a dire anche don Giussani, sono parecchi gli uomini di Chiesa, forse ancora prima, ad averlo abbandonato. Una fede che si fa insipida, o troppo umana, proprio nella sua espressione più visibile, la ritualità, perde fedeli: è matematico. Ma nonostante l’opposizione al vecchio rito, e più in generale al suo spirito, sia fortissima e radicata negli ambienti che contano, i segnali di un cambiamento, soprattutto nei giovani, e nel nuovo clero, sono evidenti. L’editore Fede & Cultura è l’unico, a quanto io sappia, che abbia scommesso con fiducia nel rilancio della messa tradizionale. In pochi mesi ha pubblicato diversi titoli: oltre ad l'opuscolo del sottoscritto"La liturgia tradizionale", "La messa antica" di don Francesco Cupello, "La messa non è finita" di Mario Palmaro e Alessandro Gnocchi, il "Messale integrale", e, per ultimo, "Introibo ad altare Dei".E’, quest’ultimo, un bellissimo manuale ad opera di tre giovanissimi, Elvis Cuneo, Daniele Di Sorco e Raimondo Mameli, in cui la “vecchia” messa viene spiegata passo passo, in tutti i suoi elementi, dal simbolismo, alla gestualità. Un’opera imprescindibile, oggi, per chi voglia accostarsi al vecchio rito come suggerisce Benedetto XVI, cioè ricordando che “il proprium liturgico non deriva da ciò che facciamo ma dal fatto che accade”. Tutti questi libri dell’editore Fede & Cultura non sono rimasti in giacenza, come si sarebbe potuto pensare, e neppure patrimonio di pochi eruditi e curiosi: hanno avuto e stanno avendo una incredibile diffusione. Tra i lettori anche molti sacerdoti che stimano il nuovo rito, ma che desiderano, nel contempo, riappropriarsi di un modo più giusto per celebrarlo, come faceva ad esempio il compianto don Divo Barsotti.
(da Francesco Agnoli, articolo su Il Foglio del 12 marzo 2009)

lunedì 17 novembre 2008

Un libro per la Messa “in latino”

Sarà in libreria in questi giorni. I tre autori sono giovani che si sono conosciuti su Internet: uno di loro è di Chiavari.CHIAVARI. La “Messa in latino” sta prendendo sempre più campo in Liguria. Arriva così questo nuovo libro dove antico e moderno si fondono. Il risultato è “Introibo ad altare Dei”, che già nel titolo riprende le prime parole dette dal celebrante all’inizio del rito. Il volume, scritto a sei mani da Elvis Cuneo, Daniele Di Sorco e Raimondo Mameli, approfondisce e rende comprensibile a tutti il significato del servizio all’altare nella liturgia romana tradizionale.La modernità del progetto editoriale sta nel fatto che gli autori sono studenti tra i 23 e i 31 ami e che vivendo in tre regioni diverse (Liguria, Toscana e Sardegna), si sono conosciuti attraverso internet, frequentando forum cattolici. A muoverli verso la messa in latino non è solo la fede, ma anche il desiderio di dimostrare che il rito romano non è classista e per anziani.“Introibo ad altare Dei”, stampato dall’editore “Fede & Cultura” di Verona, è arricchito dalla prefazione del cardinale Darío Castrillon Hoyos, presidente della pontificia commissione “Ecclesia Dei”, prefetto emerito della congregazione per il clero, e sarà in libreria in questi giorni di metà novembre.Nel volume, grazie al contributo di Elvis Cuneo, c’è anche un po’ di Tigullio. Cuneo è nato infatti a Chiavari nel 1982, è cantante, organista e studia filosofia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Appassionato del pensiero di San Tommaso d’Aquino e del neotomismo (il movimento filosofico-teologico contemporaneo che riprende e rivaluta il sistema filosofico di San Tommaso), si occupa di temi religiosi e liturgici con articoli pubblicati su riviste cattoliche e siti internet.«Il nostro è un manuale che viene in aiuto a coloro che, sacerdoti, seminaristi, ministranti e laici, vogliano introdursi alla forma tradizionale del rito romano – spiega Cuneo –. Il rigore interpretativo, la chiarezza e il riferimento costante alle fonti sono le caratteristiche principali di questo compendio. Benedetto XVI, con il motu proprio “Summorum Pontificum” del 7 luglio dello scorso anno, ha decretato che la liturgia tradizionale, la messa di San Pio V, non è mai stata abrogata e costituisce un tesoro che appartiene a tutta la Chiesa».Nel volume (280 pagine, 25 euro) si scoprono tutti i segni, simboli e gesti del tesoro liturgico antico nel loro significato arcano e senza tempo.Per Elvis Cuneo, Daniele Di Sorco (nato a Livorno nel 1985, studente di lettere moderne all’Università di Pisa) e Raimondo Mameli (nato a Cagliari nel 1977, studente di teologia presso la Pontificia facoltà teologica della Sardegna) questo è il primo libro scritto insieme. La stesura ha richiesto un anno e, nei progetti, c’è presto una presentazione ufficiale presso il “Centro culturale Candiasco” di Casarza Ligure.

Debora Badinelli

Tratto da "Il Secolo XIX" del 16 novembre 2008

domenica 21 settembre 2008

Importante iniziativa editoriale sulla liturgia tradizionale


Elvis Cuneo - Daniele di Sorco - Raimondo Mameli

Introibo ad altare Dei

Il servizio all'altare nella liturgia tradizionale

prefazione di S. Em.za Rev.ma Card. Dario Castrillon Hoyos

postfazione di p. Konrad zu Loevenstein

Edizione Fede & Cultura

Per prenotare il volume: http://www.fedecultura.com/2008/09/introibo-ad-altare-dei.html